vendredi 2 janvier 2015

METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI / vestire gli ignudi - Ripresa - Teatro Stabile Napoli - gennaio 2015


METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI

Vestire gli ignudi


scrittura scenica collettiva realizzata insieme agli ospiti del Dormitorio Pubblico di Napoli
primo movimento del progetto 
Che senso ha se solo tu ti salvi
un percorso di ricerca e creazione ispirato a Le Sette opere di Misericordia di Caravaggio

drammaturgia e regia Davide Iodice
con Antonio Buono, Davide Compagnone, Luciano D’Aniello, Maria Di Dato, Giuseppe Del Giudice, Pier Giuseppe Di Tanno, Raffaella Gardon, Ciro Leva Osvaldo MazzecaVincenza Pastore, Peppe ScognamiglioGiovanni Villani
collaboratore generale Luigi Del Parto
spazio scenico, maschere e costumi Tiziano Fario
produzione Teatro Stabile di Napoli, Interno 5, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
collaborazione Centro Prima Accoglienza (ex Dormitorio Pubblico), Scarp De Tenis, Binario della Solidarietà – Napoli


Centro Prima Accoglienza (ex Dormitorio Pubblico) 16, 17 e 18 gennaio 2015
ore16.00 e ore 18.00


Che senso ha se solo tu ti salvi è parte di una trilogia che Davide Iodice dedica alla crisi della società contemporanea: nei due lavori precedenti, La fabbrica dei sogni e Un giorno tutto questo sarà tuo, aveva affrontato rispettivamente il tema del sogno con gli ospiti del Dormitorio Pubblico di Napoli, e quello dell’eredità generazionale mettendo genitori e figli in scena.
Con questo nuovo lavoro il regista si è posto come materia di indagine il concetto di compassione, nel senso etimologico di empatia, di relazione vitale. Il suo soggetto di ispirazione sono le Sette opere di Misericordia di Caravaggio. Anche qui la ricerca unisce indagine antropologica e espressiva, attraverso un processo di laboratori e di residenze creative con attori e non attori accomunati dalla ricerca di un linguaggio condiviso e di una stessa intenzione di senso. “Caravaggio costituisce un riferimento formale e metodologico costante nel mio lavoro”, spiega il regista in una sua nota, “quasi un correlativo oggettivo, che qui ho inteso esplicitare assumendo una delle sue opere più identitarie per la nostra città.
Da qui sono partito per una ricerca espressiva che continui quella riflessione sulla crisi della società contemporanea avviata nel 2010 con La fabbrica dei sogni e proseguita con Un giorno tutto questo sarà tuo. La perdita dell’identità, la ricostruzione dei sentimenti, la paura della alteritá, la disintegrazione di un sentire collettivo e, al suo opposto, la necessità di essere riconosciuti e accolti, sono alcuni dei temi diversamente declinati nei gruppi di lavoro dall’O.P.G. alla comunità migrante, fino agli ospiti del Dormitorio pubblico. Qui ritorno con un debito di riconoscenza e con la certezza che l’uomo può essere uomo ovunque”.

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