jeudi 26 juin 2014

mettersi nei panni degli altri / vestire gli ignudi - Reviews - 4





Davide Iodice riveste gli ignudi Sabato, 21 Giugno 2014 14:12

Scritto da 

Lo spettacolo di Davide Iodice “Mettersi nei panni degli altri. Vestire gli ignudi”, allestito per la Settima Edizione del Napoli Teatro Festival non è un semplice esperimento teatrale.
A distanza di 4 anni da quando, in occasione della stessa kermesse, Iodice portò in scena “La fabbrica dei sogni”, il drammaturgo ha riproposto al pubblico la location dell’Ex Dormitorio Pubblico rinominato nel frattempo “Centro di prima accoglienza”. A distanza di poco tempo ecco un secondo spettacolo difficile da semplificare in parole.
La verità è che il regista porta avanti da sempre un’indagine sociale nei confronti di chi non ha più niente. Nella passata edizione lo stesso Iodice definì il Centro come un “Dormificio Napoletano”, seguire regista e attori in questi particolarissimi spettacoli itineranti permette allo spettatore di entrare nelle viscere del capoluogo partenopeo, ma anche nelle viscere di chi non ha più fissa dimora.
Attori e ospiti del dormitorio lavorano insieme, risulta quasi difficile distinguere professionisti e non, soprattutto perché allo spettatore non importa. Ciò che colpisce all’inizio di questo percorso che inizia all’ultimo piano del dormitorio sono gli odori. Gli odori del passaggio: tanta gente vive in questo centro, ma nessuno possiede questo centro.
Tutto inizia con un corpo che lotta con dei vestiti, vestiti che non gli appartengono: la gente che vive in questo dormitorio non ha fissa dimora. L’interazione si crea con persone che hanno toccato il fondo, persone con cui Davide Iodice vive e questo lo si avverte dal primo istante.
Il cammino prosegue ed ecco avvenire un incontro con una medium che interpreta segni e sogni per parlarci di un futuro che, nonostante qualsiasi predizione, resta incerto. Curiosa la scelta della stanza per cucire, quasi come se ci si trovasse davanti alle Parche: in quella piccola sala tutto è appeso a un filo, uno stesso filo lega per una quindicina di minuti le vite di più di venti sconosciuti.
Dopo l’ago e il filo, ecco spuntare la rete di un pescatore che racconta vari episodi attraverso degli oggetti, oggetti che un giorno gli sono appartenuti, come forse gli è appartenuta la vita di cui sta parlando.
Ancora, dopo aver percorso altre scale e corridoio, eccoci in compagnia di un uomo che per pochi minuti riesce quasi a far resuscitare la moglie – amore di tutta una vita. Una moglie che con la sua morte ha portato con sé la speranza.
Incontro tra i più toccanti risulta essere quello col vagabondo che cerca la presenza e il calore di una famiglia in oggetti accumulati nel tempo. Un vagabondo che regala a ogni singolo spettatore una caramella, caramella che è poi tutto quello che realmente possiede.
Tante figure, tante storie ma un’unica identità. O meglio, nessuna identità. Pubblico e personaggi vengono accomunati dalla paura del rifiuto, del non essere accettati.
Spettatori e attori vengono abbracciati dalle mura del dormitorio che appartengono al “comune di Napoli” come ricordano le scritte onnipresenti piano dopo piano, ancora ad inglobare il mondo racchiuso in quelle stanza sono gli odori a volte nauseabondi. Davide Iodice non risparmia niente al pubblico. Il pubblico non vuole essere illuso, vuole addentrarsi e superare i limiti.
A fine spettacolo si corre insieme ai personaggi, si soffre per le loro storie e si cerca un traguardo illusorio, inutilmente.
Ennesima riconferma di Iodice che porta in scena l’umanità e sa come ricucire i brandelli di anima che appartengono a ognuno di noi.


http://www.mydreams.it/teatro/item/4299-davide-iodice-riveste-gli-ignudi 

Aucun commentaire:

Enregistrer un commentaire

Archives du blog