Festival di Napoli, Caravaggio nel dormitorio con Davide Iodice


Il regista partenopeo porta nella manifestazione che inizia il 6 giugno "Mettersi nei panni degli altri", ispirato a "Le sette opere di misericordia" del grande pittore.




Davide Iodice si aggira come uno spirito inquieto sulla terrazza della lavanderia dell'ex Dormitorio Pubblico. Da qui la città appare indolente e stanca, persa tra antico e nuovo, tetti, antenne paraboliche e campanili di chiese quattrocentesche. "Guardi  -  dice  -  guardi quanta luce. Una vista meravigliosa. Ma questo non è il Paradiso, qui siamo in Purgatorio". Dalla lavanderia del Centro di prima accoglienza prenderà il via Mettersi nei panni degli altri, la pièce che Iodice allestirà dal 12 al 15 giugno per la settima edizione del Napoli Teatro Festival Italia.

Il progetto.
Il primo movimento del progetto di ricerca e creazione "Che senso ha se solo tu ti salvi" è ispirato a "Le sette opere di misericordia" di Caravaggio, ed è una drammaturgia che racconta la vita di chi una casa non ce l'ha più e sogna di recuperare la propria identità. "Il festival mi ha chiesto un progetto - dice Iodice - e io ho pensato di tornare a lavorare sulla Napoli invisibile, inespressa. Caravaggio è stato il primo artista che si è sporcato le mani nel sociale. Le figure che rappresenta nei quadri non sono nobili, ma ubriachi e annegati. Se la sua luce è prodotta da un'ombra profonda, quella che rappresento in questa cattedrale della sofferenza proviene dalle zone oscure che in qualche modo rappresentano una metafora della città e del Paese".



Il disagio. La crisi del contemporaneo è al centro della ricerca di Iodice, che qui ha già realizzato 4 anni fa La fabbrica dei sogni. Allora, come oggi, ha dato la parola e il ruolo di protagonisti agli ospiti del Dormitorio Pubblico, ombre nella Napoli di ogni giorno. "Sono persone che vivono un disagio - continua -. Quando smarrisci tutto nella vita perdi anche i tuoi abiti e con loro se ne va la tua identità. I miei attori racconteranno il momento in cui hanno perduto se stessi. Per Luciano è stato il giorno in cui ha buttato il banco nel vetro della scuola, per un altro è stata la perdita dell'affetto più caro, per un altro ancora il lasciarsi vincere dall'alcol. Il mio ruolo è chiaro: devo trovare il teatro dentro di loro. A queste persone non dispiace perché tutto quello che gli è rimasto è la propria storia personale. Tutto quello che chiedono è la permanenza di un segno. Hanno scelto con me la formula da seguire in questa discesa dolorosa. Non è un caso che il racconto cominci in lavanderia, un luogo simbolico, quello in cui si lavano gli abiti. Le etichette nell'interno del collo dei vestiti non portano la taglia o la marca, ma il numero del letto in cui dormono".

Itinerante.
Gli spettatori, non più di venti per rappresentazione, seguiranno la rappresentazione in movimento dall'ultimo piano del palazzo fino al salone del teatro. Una piéce dura che apre uno spiraglio sull'esistenza dei 120 ospiti della struttura, diretta da Luigi Del Prato. Dietro di loro c'è una lunga lista di senza tetto o dimora che chiedono un posto dove poter dormire. Iodice tira fuori una smorfia amara: "È il segno della crisi. E' difficile immaginare che tra quegli ospiti vi siano persone normalissime come ex direttori di libreria, una maestra elementare, un fisico. Invece è così. A distruggere la loro vita è bastato poco: una separazione, un incidente. Ed è cambiato tutto. Quando sento parlare di 80 euro in busta paga mi viene da sorridere". "Mettersi nei panni degli altri" è il frutto di un anno e mezzo di lavoro e ricerche. Iodice rivela il suo amore per il teatro che nasce nei luoghi di confine, lontano dal palcoscenico. "Provo a mettere in discussione la società, lavoro sul linguaggio. Sia chiaro che questo non è un atto di beneficienza o di carità, ma politico. È un atto poetico".