vendredi 16 septembre 2011

10/09/2011 SOCIETY al Festival Ammutinamenti di Ravenna

«la coreografia è una forma d'arte»
ad ammutinamenti parla Mattia Castelli

di Alessandro Fogli

Il festival di danza urbana e d'autore Ammutinamenti che si conclude questa settimana ha già offerti numerosi momenti rilevanti, tra spettacoli affollatissimi, riconferme e tante novità. Di queste ultime, da segnalare sicuramente Society (ispirata al Cubo di Rubik), prima coreografia del trentenne lombardo Mattia Castelli, ed esito di un laboratorio che questi ha tenuto in agosto a Ravenna convogliando danzatori, attori, musicisti e anche esordienti da tutt’Italia per una sorprendente opera prima che ci ha rivelato un artista di evidente talento e visionarietà.


Un momento della coreografia di Castelli
Un momento della coreografia di Castelli "Society"

È lo stesso Castelli a raccontarci qualcosa in più di sé e del suo lavoro.


Mattia, qual è la tua formazione artistica?


«Ho iniziato all’accademia di belle arti di Milano, ma con un forte interesse verso le performance e la voglia di capire la dinamica della scena. Infatti al terzo anno ho lasciato e mi sono iscritto alla scuola di teatro della compagnia “Quelli di Grock”, formandomi come attore. Essendo una scuola non istituzionale e loro una compagnia che lavorava su una linea di teatro-danza, ho incontrato anche il movimento; poi ho conosciuto Monica Francia e nel 2008 ho ottenuto una borsa di studio con Sosta Palmizi, infine, nel 2009, ho incontrato Cinzia De Lorenzi, della cui compagnia di danza ora faccio parte. Anche se ho abbandonato l’accademia, in realtà mi sento più un artista visivo che in questo momento ha scelto la coreografia per creare, un artista visivo che interessato alla performance, al teatro e alla danza, ma senza essere condizionato dalle loro categorie e dai vari codici. Per me c’è un legame forte tra la pittura e il teatro in senso lato».


Society è una performance dai molteplici rimandi, che si presta a varie chiavi di lettura. Com’è nata?


«Sicuramente da una predisposizione personale all’esistenzialismo. La base del lavoro sono le relazioni umane, una questione per me basilare. Sono partito da una riflessione: credo che l’uomo si sia inventato il “gioco” della società per tutelarsi e per poter condividere lo spazio comune della terra. Ci si è organizzati ed è stata costruita una struttura fissa che è quella della società, con regole, comportamenti, professioni. In questa riflessione mi sono imbattuto molto casualmente nel cubo di Rubik, un gioco che vedevo da piccolo. Mi è tornato in mente un episodio, quello di mio fratello che per risolvere il cubo staccò tutti i quadratini colorati sparpagliati e li rimise tutti a posto. Mi sembrò una pensata brillante e ora l’ho intesa come una coreografia di colori, di quadratini che tendono tutti verso il proprio posto, tra i propri simili. Nel mio personale cubo di Rubik però intendo tutti e 54 i tasselli come colori diversi, non c’è assolutamente una soluzione, possiamo solo muoverci in questo caos organizzato secondo una legge molto probabilmente a noi sconosciuta. Tutto questo mi ha affascinato, e mi sono fatto molte domande sulla danza, che nel mio percorso formativo ho sempre visto intesa come movimento codificabile».


Non solo questa è la tua prima coreografia, ma hai anche lavorato, in tempi molto stretti, con un gruppo numeroso e vario, composto da danzatori anche non professionisti, attori, persone che non avevano mai performato. Una sfida non da poco.

«Assolutamente. Ma auspicabile, perché se avessi scelto di lavorare solo con danzatori professionisti sarebbe stato difficile scardinare impostazioni che non volevo, mentre il fatto che in un gruppo potesse sussistere tanta diversità faceva in modo che ogni categoria mantenesse la sua individualità e potenza ma anche che si dovesse confrontare con qualcos’altro. Non mi è toccato ogni volta dire “esiste un altro mondo signor danzatore professionista”, perché c’erano anche attori, musicisti, gente che non faceva niente di tutto questo ma tutti appassionati, sensibili, curiosi. Mi premeva che ognuna delle persone coinvolte nel progetto mettesse le sue capacità personali solo a servizio del gruppo; è da lì che parte tutto e si ritorna al mio interesse di partenza, cioè le relazioni. Dunque ho spinto molto sulla percezione dell’altro, visto che, anche nella vita, prima o poi si fanno i conti con qualcosa di diverso dal sé. A Ravenna comunque ho trovata un’enorme disponibilità da parte del gruppo. Si è creata la dinamica giusta, in cui gli ego emergevano ma sempre senza prevaricare, sempre mettendo in campo lo scambio di vedute. Certo, non è stato facile, ma molto molto stimolante».


Eri ad Ammutinamenti l’anno scorso come performer, ora c’è stato Society. Come giudichi il festival?


«Ho un legame particolare con Ammutinamenti e ancor prima con Cantieri; fin dall’anno scorso a Ravenna mi sono sentito un po’ a casa. E non è un caso se la prima possibilità aderente alla natura del mio progetto sia nata qui. Ci sono persone che sanno guardare oltre il proprio naso, sanno riconoscere le potenzialità. Ammutinamenti fa un lavoro prezioso per l’arte in senso lato e la cultura in Italia, non solo nel campo della danza. In Italia quando ti chiedono un progetto per una creazione in divenire, ti chiedono già anche come sarà il progetto, aprono un bando ma vogliono sapere come andrà a finire. Questo con Ammutinamenti non succede, mi è stata data la possibilità di lavorare senza voler sapere prima come sarebbe stato».

16 settembre 2011

SOCIETY

20/08/2011 Prima tappa di SOCIETY a Cantieri Danza - Ravenna

















SOCIETY - Progetto coreografico ideato da Mattia Castelli

Il progetto Society è un progetto coreografico che si ispira al gioco del cubo di Rubik come metafora della società con le sue regole ed i suoi comportamenti. Tale progetto ha attraversato una prima fase di ricerca all’interno del premio GDA Lombardia 2010 e grazie al sostegno dell’associazione Cantieri si è potuta aprire la seconda fase di ricerca laboratoriale per coinvolgere, fino ad un massimo di 54, più corpi danzanti possibili.
Tale fase prevede la realizzazione di diverse tappe nelle quali raccogliere materiale creativo per la rappresentazione finale e insieme ha l'obiettivo di strutturare il laboratorio stesso nell’idea di poter coinvolgere ogni volta persone differenti che si relazioneranno con una struttura definita.
In questa prima tappa abbiamo lavorato a partire dal concetto di gioco, tentando di costruire una struttura di regole, da rispettare o infrangere, dentro le quali si sviluppa una dinamica ciclica che sintetizziamo nell'azione di “fare” e “disfare” per poi ritornare a “fare” e così via, senza soluzione di continuità.

ATLETICA SMALTI

ATLETICA SMALTI è un atelier creativo senza fissa dimora. E' un progetto di esplorazione ed elaborazione creativa che coinvolge ogni volta luoghi e persone differenti e dal quale nasce uno scambio dialettico e pratico intorno all'atto creativo.

Collaboratori al progetto – prima tappa Ravenna:

Alberto Boccardi, musicista
Federico Visi, musicista
Raffaella Gardon, violoncello
Eleonora Parrello, assistente coreografa e allenatrice di danza release
Alessandra Fabbri, allenatrice di danza classica
Graciela Carballo, allenatrice di pilates
Caterina Leonardi, allenatrice di danza orientale
Gloria Grassi, allenatrice di danza orientale
Gioia Gurioli, allenatrice di canto
Ronnaug Tingelstad, allenatrice di canto
Federica Samorì, organizzatrice